| L’affascinante abbazia benedettina di San Verecondo di Spissis svetta sulla collina di Vallingegno ed è citata in alcuni documenti a partire dal dodicesimo secolo. Verecondo era un giovane cavaliere gallico convertito al cristianesimo che venne martirizzato nel settimo secolo. La chiesa, una delle maggiori dei dintorni, il monastero e il campanile a vela, eretto sulla muratura della torre, formano il complesso attuale. All’imponente struttura ben visibile anche da lontano sono legati molti fatti della vita di Francesco. Molto accreditata è la ricostruzione che fa coincidere l’abbazia con il luogo in cui Francesco cerca rifugio, dopo essere stato aggredito nei pressi di Caprignone. L’accoglienza del priore non è delle migliori: i monaci si trovano davanti un mendicante sporco, intirizzito, lacero e gli riservano le mansioni di sguattero. "Chiede l’elemosina come un mendico e la riceve come uno spregevole sconosciuto", scrive San Bonaventura. Anni dopo, quando la sua fama diventa grande in tutto il territorio, il priore torna a chiedergli perdono. Così nei frequenti passaggi verso La Verna, Francesco riceverà spesso ospitalità proprio a Vallingegno.
Si narra, poi, che nella stalla del monastero Francesco si commuove per la morte di un agnellino ucciso dal morso di una scrofa crudele. Il Santo non sa perdonare l’animale e gli lancia una maledizione: la scrofa muore dopo tre giorni di sofferenze.
Nei pressi dell’abbazia, circondato da un muro di cinta e rinforzato da rivellini, sorge il castello di Vallingegno, costruito con ogni probabilità intorno all’XI secolo. Al centro della struttura si erge una torre alta circa 20 metri in passato adibita a presidio militare; ai lati esterni ci sono altre due torri di minori dimensioni. Oggi il castello è proprietà privata. Fonti Francescane Una scrofa malvagia uccide a morsi un agnellino |